Il branding e l’identità di brand nella strategia di un’impresa, in Pocket Manager, sono un tema che ci sta molto a cuore.

Attraverso i nostri articoli, ti abbiamo già parlato della brand identity e di quali sono gli elementi che la contraddistinguono. Inoltre, ti abbiamo fornito uno strumento strategico per la corretta costruzione della tua identità di marca, il prisma di Kapferer.

Oggi voglio presentarti un argomento che, alla costruzione del brand, affianca narrativa e psicologia: l’archetypal branding.

Prima di iniziare però, voglio farti qualche domanda! Mi piacerebbe partire da qui, per intraprendere questo viaggio insieme alla scoperta dell’archetypal branding. Prova a pensare al tuo brand preferito – che sia nel campo alimentare, automobilistico, dell’abbigliamento o della tecnologia, non ha importanza. Ora concentrati sulla relazione che condividete: come comunica quel brand? Attraverso quali canali? Come si presenta e come interagisce con te?

Adesso ti pongo la domanda che mi piace di più fare quando parlo di brand e archetipi: se quel brand fosse una persona, quali caratteristiche avrebbe?

Riesci a visualizzarlo come un individuo con un proprio aspetto distintivo, magari una peculiarità che lo rende unico? Veste con colori sgargianti, o ha sempre addosso un dolcevita nero? È allegro e scanzonato, o serio e puntiglioso?

Tieni a mente le risposte alle domande che ti ho posto qui sopra, ci saranno utilissime!

Cos’è e perché è importante l’archetypal branding?

L’archetypal branding è un metodo che contribuisce a strutturare efficacemente l’identità di brand, facendo sì che il cliente si immedesimi nel brand.

Proprio attraverso questo processo di identificazione, un brand può instaurare relazioni che vanno ben oltre la semplice vendita. Fiducia e valori condivisi diventano i pilastri fondanti del rapporto tra cliente e brand, creando una connessione profonda con lo spirito delle persone.

Che cos’è un archetipo?

Il termine archetipo (composto di àrche-, primo, e –typon, modello) può essere definito, appunto, come “il primo esemplare, modello”.

In filosofia, soprattutto nella tradizione platonica, gli archetipi erano le idee, gli eterni e trascendenti modelli delle cose.

Gli archetipi sono modelli di individui, caratterizzati da bisogni, paure, aspirazioni, obiettivi e comportamenti universali. Per la loro universalità, gli archetipi vengono naturalmente riconosciuti dalle persone e questo rende spontanea l’immedesimazione.

L’archetypal branding: cenni storici

Come ti accennavo, l’archetypal branding si basa su teorie e studi svolti durante gli anni che hanno portato alla strutturazione della metodologia utilizzata oggi.

Aggiungo una considerazione personale: ritengo affascinante la commistione di psicologia, mitologia e narrativa che ha portato alla nascita dell’archetypal branding.

Vediamo ora l’archetipo nel viaggio dell’eroe e in psicologia.

L’archetipo nel viaggio dell’eroe

Come ti ho anticipato all’inizio di questo articolo, le radici dell’archetypal branding non sono solo nella psicologia, ma anche nella narrativa.

Cristopher Vogler, ispirato dal lavoro del mitologo Campbell, cala gli archetipi nel viaggio dell’eroe.

Il viaggio dell’eroe è il modello narrativo alla base delle narrazioni (di qualsiasi genere) con cui ci rapportiamo quotidianamente. È il racconto di un individuo (l’eroe) che si lancia in un viaggio e deve affrontare una crisi. Il superamento della crisi risulta non solo in una vittoria, ma anche in un cambiamento dell’eroe stesso.

Nel viaggio dell’eroe di Vogler gli archetipi non sono ruoli stabili, ma sono funzioni assunte dai personaggi temporaneamente. Come delle maschere, i personaggi le indossano e le tolgono dinamicamente lungo la narrazione.

L’archetipo in psicologia

La metodologia dell’archetypal branding affonda le radici negli studi dello psichiatra e psicologo Carl Justav Jung.

Jung definì gli archetipi come “forme a priori” che fanno parte dell’inconscio collettivo, cioè quella parte dell’inconscio umano comune a quello di tutti gli altri esseri umani. Questo si compone delle conoscenze ed esperienze che gli uomini condividono in quanto specie e da cui nascono, appunto, gli archetipi.

Gli studi sugli archetipi di Jung lo portarono ben oltre i confini della psicologia, andando a investigare la mitologia e l’antropologia.

La teoria a 12 archetipi

Questa teoria si basa sui 12 archetipi della psicologia junghiana che sono stati suddivisi dalla pubblicitaria Margaret Mark e dalla psicologa Carol Pearson in base ai loro bisogni principali. Queste motivazioni umane sono sintetizzabili in 4 orientamenti: alla stabilità, all’indipendenza, al cambiamento e all’appartenenza.

L’estensione della teoria da 12 a 16 archetipi

Abbiamo chiesto a Riccardo Donato, Brand Strategist e specialista di Brand Identity, di raccontarci dello studio che l’ha portato ad estendere la teoria dei 12 archetipi a 16.

Quella che leggerete di seguito è la sua, preziosissima, riflessione:

Mentre lavoravo alla stesura del libro che, grazie all’aiuto del mio editore Enrico Flaccovio, è diventato “L’uomo non osi separare ciò che l’archetypal branding unisce”, ho avvertito la necessità di arricchire lo spettro dei dodici archetipi normalmente presi in considerazione.

Mi è parso che la complessità crescente del nostro mondo da un lato, e la necessità del branding di riconoscere quasi individualmente i suoi clienti per strutturare e rafforzare quella relazione di lungo periodo senza la quale nessuna marca può esistere, necessitassero di uno strumento ancora più affilato e chirurgico, per creare quel ponte, possibile solo grazie alla comprensione profonda di se e dell’altro.

Così ho laicamente battezzato Incantatore, Esperto, Ancora e Mentore gettandoli senza troppi complimenti nella mischia.

Il primo, l’Incantatore, ha trovato la sua ragione di esistere nel narcisismo crescente generato dalla società dei consumi, sempre più nevroticamente fissata in un edonismo autoreferenziale, riprodotto serialmente su ognuno dei canali a disposizione di ciascuno, a inondare e riempire ogni spazio possibile. Ri-conoscere questo soggetto diventa importante per comprendere la differenza fra profondità e superficialità. Fra la sostanza e l’apparenza . Fra il dire e il sempre indispensabile fare.

E come poteva non essere presente l’Esperto nel mondo N.0 dell’intelligenza artificiale, della realtà aumentata, della robotica e di chissà quali altri ambiti di conoscenza che ancora neppure immaginiamo? L’Esperto rimane una figura indispensabile per democratizzare una società che da un lato condivide sempre più, ma dall’altro isola inesorabilmente chi non ne possiede le capacità di lettura e gestione.

Tutto questo movimento, con le sue frammentazioni, il continuo mutamento e l’incertezza che ne deriva ha motivato l’Ancora. Non viene a ciascuno di noi, talvolta, il desiderio di aggrapparsi a qualcosa o qualcuno che, anche solo per il tempo di un respiro, ci liberi da quel turbinio che ci lascia senza fiato e ci costringe ad essere così fast fast fast quando vorremmo invece poterci permettere uno stato slow slow slow?

Infine, il Mentore, la guida saggia, paziente e sagace che nel labirinto della contemporaneità ci prende per mano e ci accompagna, anche solo per un pezzo di strada, alla migliore comprensione di noi stessi e degli indefiniti contesti con i quali entriamo ogni giorno in relazione. La figura saggia che ha aiutato Telemaco a sopravvivere ai Proci e attendere il padre per ritrovare se stesso e il suo posto nella vita.

Ecco, a qualche anno di distanza, sento che la capacità di leggere la realtà e di creare relazioni utili e profonde necessita di altri strumenti che mi sembra stiano dietro di noi. Penso ai simboli e ai miti. La nostra cultura e quindi noi stessi siamo indissolubilmente legati a questi elementi. Prendiamo spesso inconsciamente il significato delle storie e lo trasformiamo per adattarlo al presente. Un nuovo ambito di ricerca per chi desidera che il marketing e il branding continuino ad essere prima di ogni altra cosa arte e scienza della comprensione di sé e dell’altro?

Arcjetypal Branding: la ruota a 16 archetipi grazie all'estensione della teoria eseguita da Riccardo Donato, Brand Strategia ed esperto di Brand Management

 

Come la teoria degli archetipi fa la differenza nella strategia di un’impresa

L’archetypal branding è importante nella strategia di un’impresa: individuare il mix di archetipi che rappresenti al meglio il nostro brand ci rende credibili e veri agli occhi del cliente.

Negli ultimi anni gli esempi di una corretta applicazione dell’archetypal branding sono stati tanti: The North Face è l’esploratore, Harley Davidson il ribelle, M&M’s il burlone e Mulino Bianco l’innocente.

È importante però sottolineare come l’archetypal branding non trovi spazio solo nell’ambito delle grandi multinazionali, ma sia importante anche per le microimprese e i liberi professionisti. Curare il proprio brand e utilizzare uno strumento potente come l’archetypal branding va a impattare sulla solidità della nostra identità e sul posizionamento che abbiamo nel mercato. Il nostro brand racconta una storia unica, perché non veicolarla per costruire relazioni forti e durature con i nostri clienti?

Ricordi le domande che ti ho posto all’inizio di questo articolo? Bene, ora ne ho una che riguarda il tuo brand: se il tuo brand fosse una persona, che persona sarebbe? Quale sarebbe la sua personalità? E ancora, quale sarebbe l’archetipo che più efficacemente potrebbe veicolarla al tuo cliente?

Due riflessioni ulteriori sull’Archetypal Branding

Mi permetto di aggiungere due riflessioni che spero possano esserti utili quando ragioni sull’archetypal branding:

  • Un brand, proprio come una persona, non ha una personalità che si possa sovrapporre esattamente a un solo archetipo. Solitamente è un mix di diversi archetipi, cioè di diverse caratteristiche e tratti. Prova a individuare 2, al massimo 3, archetipi a cui corrisponda il tuo brand: uno sarà l’archetipo prevalente, gli altri, in misura diversa, saranno archetipi secondari a supporto di quello principale;
  • I ragionamenti che scaturiscono dall’analisi degli archetipi che ci rappresentano possono condurre, un passo oltre, a molte altre caratteristiche riguardanti il nostro brand: come comunica, con che tono, quali parole utilizza? Come si relaziona con le persone che ha appena conosciuto? E con quelle che sono amiche da sempre? Che colori la rappresentano?

Quest’ultimo punto stimola un’ulteriore riflessione: l’archetypal branding ha diverse applicazioni nella strategia di un’impresa. Il metodo può essere applicato, ad esempio, nelle singole fasi di un percorso di acquisizione clienti, nell’impostare l’identità visiva o nel delineare un manuale di comunicazione.


Eccoci arrivati al termine di questo viaggio alla scoperta dell’archetypal branding. Un piccolo spoiler: questo è solo l’inizio, il team di Pocket Manager non vede l’ora di parlarti in maniera più approfondita e da diversi punti di vista di archetipi e brand.

In questo articolo introduttivo ti ho spiegato cos’è l’archetypal branding, su quali studi si fonda e quali sono le due teorie prevalenti. Ti ho poi fornito alcuni spunti di riflessione riguardo all’utilità dell’archetypal branding e ai suoi diversi utilizzi.

Stai lavorando sul tuo brand attraverso il metodo dell’archetypal branding? O magari vorresti saperne di più? Oppure vorresti confrontarti con un Pocket Manager per chiarire dei dubbi, o per definire meglio la tua strategia? Cliccando qui potrai prenotare una chiamata con me: ti aspetto per parlare insieme degli archetipi del tuo brand!

A presto,
Valentina Colombo
Pocket Manager