non ti serve il business plan

Ormai ho perso il conto degli imprenditori che in questi ultimi anni mi hanno contattata per sapere se serve il business plan, cosa scriverci dentro e se potevo aiutarli. Ultimamente però sta succedendo qualcosa di strano. Sono veramente tanti quelli che arrivano da me DOPO essersi fatti fare un business plan. Molti purtroppo hanno anche preso delle sonore cantonate da parte di consulenti (e sedicenti tali). Con la scusa di realizzare per loro questo documento, certi signori incassano dei gran soldi, lasciando i malcapitati imprenditori soli, disillusi e un po’ più poveri di quanto non fossero prima. Non mi pare strano dunque imbattermi sempre più spesso in affermazioni tipo:

 

“Ma a che serve fare un business plan per un prodotto/servizio/modello di business innovativo? È impossibile prevederne i risultati economici!”

“Certo che serve fare un business plan… ai consulenti che li fanno e se li fanno pagare, mica agli imprenditori!”

“Sì sì, lo faremo un business plan… dopo aver creato e testato il prodotto, avviato il business e se (e solo se) qualche finanziatore dovesse chiedercelo”

 

Mi pare assolutamente necessario a questo punto ricapitolare brevemente di cosa stiamo parlando, per avere delle basi solide su cui discutere e arrivare a dirimere (o almeno provarci) l’annosa questione: serve davvero avere un business plan quando si lancia una nuova attività d’impresa?

 

 

Cos’è e a cosa serve il business plan

Per dirla nella maniera più semplice possibile, il business plan nient’altro è che un documento che riassume nella maniera più completa ed efficace possibile il “piano di business” che l’imprenditore ha in mente. Tra i documenti di analisi di business che si possono produrre è uno dei più complessi. In poche pagine, il BP ha l’obbiettivo di sintetizzare TUTTI gli elementi essenziali di un’attività, al fine di certificarne la sostenibilità. Attraverso lo studio che sta dietro la realizzazione di un business plan (fatto bene, chiaro) è possibile gettare uno sguardo nel futuro. Redigerlo serve a comprendere concretamente quali opportunità il business potrebbe aprire e valutare oggettivamente se proseguire o meno su quella strada. Un business plan:

 

1) Serve prima di tutto all’imprenditore, per comprendere se il business è sostenibile o meno. Fino a che punto si può andare? Quali sono i limiti? In questo modo è più semplice riuscire a gestire in maniera efficace le risorse disponibili, pianificare tempi e obbiettivi di lavoro ed evitare di incorrere in rischi.

 

2) Serve ai soci e ai collaboratori dell’impresa, per aver chiaro quale direzione si desidera prendere e tenere sotto controllo lo sviluppo dell’attività. A volte questo potrebbe sembrare scontato ma l’esperienza mi dice che non sempre è così.

 

3) Infine serve per coinvolgere nuove persone nel progetto d’impresa, siano essi soci, finanziatori, banche, enti pubblici e chi più ne ha più ne metta. Difficile poter coinvolgere nel business qualcuno senza poter dare nessuna garanzia. Anzi, senza poter dare nemmeno dei dati che dimostrino la validità del progetto (oltre che la serietà dell’imprenditore che lo propone).

 

 

Quali sono i contenuti del business plan?

A volte gli imprenditori mi chiedono: quali sono le 4 componenti del business plan? Come se esistesse uno schema fisso. La realtà è che i business plan possono assumere forme infinite, in base al business che devono andare a rappresentare. Un argomento che per alcuni business può essere di rilevanza centrale, in altri può non essere nemmeno menzionato. Vediamo allora quali sono i “contenuti minimi” che generalmente un buon business plan dovrebbe includere, tenendo ben presente che si tratta di una buona norma, ma non di una regola ferrea.

 

  • A) Una presentazione del team dei soci, dei collaboratori, dei partner di progetto e del network che ci gira intorno (inclusi eventuali sostenitori di spicco e sponsor);
  • B) Una panoramica dell’idea di business, dello stato dell’arte, delle risorse disponibili e degli obbiettivi che si desiderano raggiungere;
  • C) Un focus sui prodotti e sui processi di gestione, sulla catena di rifornimento e sulla distribuzione;
  • D) Un focus sul marketing: identità e posizionamento del brand e dei singoli prodotti/servizi, comunicazione, modalità di vendita, competitor e feedback fin lì raccolti da parte del pubblico;
  • E) Delle proiezioni economico-finanziarie che indichino nel migliore e nel peggiore degli scenari come potrebbe evolvere il business negli anni a venire.
  • F) Eventuali allegati, tipo il risultato di analisi e sondaggi di mercato, test di fattibilità, attestati di qualità del prodotto/servizio, marchi e brevetti depositati ecc.

 

Quando fare un business plan (e quando invece no)?

Siamo abituati a pensare al business plan come a un documento da produrre una volta nella vita. Tipicamente si realizza a inizio attività: appena avuta un’idea di business o comunque entro due anni dal suo avviamento. Molti mi chiedono anche se sia meglio fare il business plan prima o dopo aver sviluppato il prodotto o il servizio innovativo che si desidera offrire. La risposta secondo me sta nella finalità che si desidera raggiungere:

 

  • Se il business plan serve per verificare la validità di un’idea di business, conviene farlo come prima cosa: prima cioè di investire tempo, risorse ed energie per realizzare qualcosa che potrebbe non vendere mai. Molte volte basta semplicemente questo. Buona prassi sarebbe anche aggiornarlo periodicamente, ma senza doverlo rifare da capo ogni volta;

 

  • Se il business plan serve solo per coinvolgere soci, collaboratori, partner e finanziatori nel progetto, allora non c’è fretta. Basterà approntarne uno per ogni evenienza, da rivedere solo un momento prima di presentarlo per aggiornare qualche dato che potrebbe essere cambiato. Attenzione però, perché in alcuni casi potrebbe servire adattare tutto il progetto in funzione dell’interlocutore a cui si desidera sottoporlo (ad esempio: potrebbe servire scrivere un business plan ad hoc per partecipare a certi bandi pubblici di finanziamento).

 

Non sempre però fare un business plan è realmente necessario, ad esempio:

> In tanti casi è possibile o addirittura preferibile avviare il business in maniera “lean” (preferendo muoversi a piccoli passi e testare continuamente le cose piuttosto che esporsi investendo tanto e subito): in queste situazioni occorrerebbe rivedere così spesso il business plan da rendere pressoché inutile realizzarne uno in partenza;

> Ci sono dei progetti per cui non è proprio possibile (non a tempi e costi accettabili almeno) raccogliere dati utili su cui basare delle proiezioni;

> Infine esistono dei business così semplici e poco rischiosi che investire per fare un business plan potrebbe rappresentare un dispendio inutile di tempo, denaro ed energie;

 

…in queste e in molte altre situazioni, persino io mi trovo a consigliare a dei potenziali clienti di NON farlo. Il rischio è di disperdere tempo ed energie nella realizzazione di un business plan che potrebbe non essere necessario. Occuparsi di business plan dal mio punto di vista comporta anche questo. Serve comprendere al volo (e comunicare al cliente nella massima trasparenza) in quali situazioni realizzarne uno è necessario, in quali sarebbe utile e in quali invece potrebbe essere controproducente.

 

Chi deve fare il business plan?

La sola, vera, risposta è: dipende. Il primo a poter realizzare il business plan, avendone le competenze, è l’imprenditore stesso: chi meglio di lui conosce così a fondo il business da saperlo rappresentare efficacemente in poche pagine? Purtroppo molti imprenditori non hanno tutte le competenze necessarie per realizzare un documento così complesso, essendo molto spesso più dei professionisti esperti del loro settore che degli economisti.

Se si tratta solo di una questione “di forma”, esistono diversi strumenti online in grado di fornire indici, scalette di contenuto, domande guida e modelli da compilare. Certo, questi strumenti possono essere utili per semplificare e velocizzare le cose ma richiedono piena padronanza dei contenuti, oltre che una buona capacità di presentazione in forma scritta.

Un imprenditore incerto non solo sulla forma ma anche sui contenuti potrebbe allora rivolgersi alla camera di commercio, al proprio commercialista o a diversi consulenti specializzati. Chiedere aiuto in questi casi è la scelta più opportuna.

Consiglio comunque di fare attenzione: non tutti i professionisti che dicono di realizzare business plan lo fanno davvero bene. Anche quelli abbastanza preparati non è detto che sappiano basare le proiezioni di business su dati concreti e reali, che rendano verosimili gli scenari futuri che propongono. Questo è un elemento fondamentale da tenere in considerazione. Chiedere al professionista con cui ci si confronta: “Come facciamo a sapere che le proiezioni che faremo saranno quantomeno realistiche?” può essere un’ottima domanda da porre per fare una buona scrematura iniziale dei candidati.

 

Esistono delle valide alternative al business plan?

Di nuovo, dipende tutto dall’obbiettivo. Non esistono al momento documenti o modelli simili al business plan, che raggiungano gli stessi obbiettivi in maniera altrettanto completa ed efficace. In alcuni casi, se serve fare un business plan, serve fare un business plan. A volte però ciò che serve davvero non è un piano di business completo ed esaustivo, ma:

 

“Un documento per presentare efficacemente la mia idea di business a potenziali soci e finanziatori”: in questo caso un semplicissimo business model potrebbe essere molto più veloce da realizzare e potrebbe bastare per fare una prima scrematura degli interessati. Si potrebbe poi valutare di approfondire con un business plan solo in un secondo momento, se necessario;

 

“Uno strumento per mettere a fuoco la mia idea di business e verificarne la fattibilità”: in questo caso ciò che serve non è il business plan vero e proprio ma tutto il processo che viene prima, che sta a monte della sua realizzazione. Mettere a fuoco l’idea di business nei suoi diversi elementi, testarla, raccogliere dati di mercato e fare delle proiezioni è molto più semplice e naturale per un imprenditore che raccogliere tutte queste informazioni e farne una presentazione accattivante (che magari non occorre far leggere a nessuno);

 

“Un documento da allegare alla richiesta di partecipazione a un bando di finanziamento”: in questi casi ciò che serve non è un business plan di progetto ampio e dettagliato, ma un documento specifico volto a dimostrare il valore del business in relazione agli obbiettivi del bando a cui si desidera partecipare. In questo caso il mio consiglio è di realizzare un documento ad hoc per ciascun bando. Dovesse servire aiuto, sarebbe bene rivolgersi direttamente a un esperto di bandi e finanziamenti che possa seguire tutta la procedura in maniera completa e integrata. Lo so perché all’inizio della mia carriera da consulente mi sono occupata prevalentemente di questo.

 

Ci sarebbe ancora molto altro da dire sul business plan. Il contenuto di questo articolo serve solo a fare un po’ di chiarezza, a rimettere in ordine le idee. Purtroppo non basta così poco per esaurire il tema, quindi se hai ulteriori dubbio o desideri approfondimenti, ti invito a contattarmi in privato. Prenotare è facile, basta cliccare QUI per parlare direttamente con me. La prima chiacchierata con tutti noi del team Pocket Manager è sempre gratuita e in molti casi è già sufficiente per capire come proseguire. Spero comunque che leggere questo articolo ti sia stato d’aiuto,

 

Con affetto,

Valeria Pindilli

Pocket Manager