UN SETTEMBRE DOLCE-AMARO

Siamo ai primi di settembre, lo stesso settembre che ogni anno significa ripartenza, che inaugura un nuovo ciclo di business dopo lo stop estivo. Questo settembre però ha un gusto dolce-amaro, almeno per me. Ha il sapore della ripartenza ma anche l’amarezza di un anno che per 2/3 ci ha visti fermi, chiusi in casa, ad aspettare. Un settembre che, tutto sommato, non sarebbe neanche male, se non fosse ancora coperto da una cappa fumosa che ne oscura il futuro. Ci sarà un nuovo lockdown? O una ripresa dei consumi? Le cose torneranno come prima? O meglio di prima?

L’abilità gestionale degli imprenditori, durante questa lunga ed imprevista pandemia, è stata messa a dura prova. In quelli che sono stati i settori più colpiti (Eventi, Turismo, Cultura, Ristorazione, Moda, Servizi alla persona…) nessuna impresa è stata risparmiata. Per un insieme di fattori (di cui parleremo più approfonditamente in video, domani, sui nostri canali social!), a farne le spese sono state soprattutto le imprese più piccole: startup, attività locali, artisti, artigiani e professionisti. Purtroppo non possiamo ancora parlare del Covid come di un mostro sconfitto, che ci lasciamo alle spalle, ma possiamo almeno guardare ai fatti del nostro passato più recente per analizzarli e cercare di trarne insegnamento.

 

NON È STATA UN’IMPRESA DA POCO

La verità è che, nonostante da anni si parlasse a livello accademico della possibilità di un’eventuale pandemia, della velocità a cui avrebbe potuto diffondersi e dei danni che avrebbe potuto causare in un’economia sempre più globalizzata, nessuno era davvero pronto ad affrontare il Covid.

Non perché effettivamente sia stato un virus più aggressivo o letale di quanto avremmo mai potuto immaginare, ma perché nella realtà della nostra vita quotidiana (fatta di piccoli gesti e routine consolidate) nessuno avrebbe mai potuto prevedere un tale sconvolgimento.

Qui veniamo alle piccole imprese, alle attività locali e ai liberi professionisti, che nel nostro Paese si fanno portavoce di quelle piccole routine e della cultura del fare con impegno, con lentezza e con umiltà. Essere titolare di una piccola impresa durante l’emergenza Covid non è stata una cosa da poco. Trovare la determinazione e il modo di andare avanti nonostante le normative stringenti, gli aiuti che non arrivavano, le responsabilità verso dipendenti e collaboratori, la cassa che piangeva, il malcontento dei clienti verso quelle stesse misure che avrebbero dovuto essere per loro maggior tutela e un mercato che: “Riparte?”, “Se riparte!”, “Quando riparte…” non è stata e non è tutt’ora una cosa da poco. Riuscire poi a reinventare il proprio business in un ambiente che cambia velocemente, avere l’abilità di scovare in questo marasma delle nuove opportunità per fare impresa o addirittura il modo di lanciare delle nuove attività partendo da zero, là dove i più grandi economisti hanno fallito nelle previsioni e nessuno si è arrischiato a dare un parere o un consiglio… beh, non è un’impresa da poco!

 

LA PASTA DI CUI SIAMO FATTI

Il lockdown ha messo tutti alle corde, ha spinto gli imprenditori al limite ed è lì, esattamente sulla soglia del baratro, che si è visto di che pasta siamo fatti! No, non sto parlando dei momenti di fragilità o di sconforto. Queste piccole debolezze sono ciò che ci rende umani, non si può giudicare un imprenditore basandosi su questo. Mi riferisco invece all’approccio utilizzato nella gestione dell’emergenza: una cosa per cui nessuno era stato sufficientemente preparato in precedenza e che ha dovuto imparare direttamente sul campo. Sono due gli approcci “vincenti” che hanno tirato fuori i più abili tra questi imprenditori:

L’APPROCCIO DIFENSIVO-CONSERVATIVO

Sono stati molti gli imprenditori che, vedendosi franare la terra sotto i piedi, hanno avuto fin da subito un approccio difensivo-conservativo, volto a preservare quanto più possibile di ciò che l’impresa aveva costruito e guadagnato negli anni. Le preoccupazioni e i fattori da tenere sotto controllo erano tanti:

1) Assicurarsi la fedeltà della propria clientela e magari acquisirne di nuova, a costo di dover cambiare drasticamente le modalità di comunicazione, distribuzione e vendita;

2) Mantenere dei flussi di cassa positivi, in un momento in cui i costi sono rimasti spesso alti e le entrate sono state forzatamente ridotte o dilazionate nel tempo;

3) Garantire la sicurezza, la motivazione e la produttività dei dipendenti anche in smart-working;

4) Aderire correttamente a tutte le nuove normative, gestire correttamente dati e privacy, mantenere il controllo della situazione contabile-fiscale ed eventualmente rivedere i piani;

5) Rimanere aggiornati ed eventualmente fare richiesta di agevolazioni, nonostante la poca chiarezza informativa e l’eccessiva complessità delle procedure;

Rimanere sul pezzo, muoversi con cautela e fare tutti i sacrifici che il momento ha richiesto è stato però un atteggiamento vincente, che ha richiesto grande dedizione ma ha anche permesso di portare avanti a dovere l’impresa.

 

L’APPROCCIO REATTIVO-VISIONARIO

C’è poi chi ha visto in questo cambiamento epocale delle immense opportunità, chi ha trovato beneficio dal fatto che le carte siano state rimescolate sul tavolo e chi, sempre sentendosi franare la terra sotto i piedi, ha deciso di trovare le proprie certezze fissando il proprio sguardo sull’orizzonte. In effetti, cambiamento non necessariamente significa crisi. Il Covid avrà di certo messo in difficoltà molte imprese ma ha anche:

1) Dato accesso a una maggiore liquidità concessa da parte di fondi, enti pubblici o banche, utile per fare investimenti strutturali fondamentali per una crescita di lungo periodo;

2) Cambiato le esigenze dei consumatori e così facendo aperto nuovi mercati o dato la possibilità alle imprese di trovare un nuovo posizionamento in maniera molto rapida, agevole ed efficace;

3) Dato una spinta forte e necessaria per decidere finalmente di investire nella formazione o nella digitalizzazione, aggiornando le proprie competenze e i propri modelli;

4) Costretto a rinnovare e ottimizzare processi e procedure, accelerando la naturale tendenza dei mercati verso la digitalizzazione, l’automazione e la globalizzazione;

5) Creato nuovi mercati, nuovi mestieri e, in alcuni settori, nuovi posti di lavoro;

Chi ha saputo anticipare queste tendenze e muoversi per tempo, ha trovato in quest’emergenza non una crisi ma delle immense opportunità di crescita.

 

IL RUOLO DEI LEADER E DEI GRANDI (PICCOLI) IMPRENDITORI

Questa emergenza, così vasta e imprevista, ci ha dimostrato che sono molte le cose fuori dal nostro controllo. Tutte quegli imprenditori che stavano comodi nel “si è sempre fatto così” o aspiravano ad avere il controllo delle cose, hanno due volte fallito di fronte al Covid.

Troppo facile dire adesso, col senno di poi, cosa avrebbero o non avrebbero dovuto fare gli imprenditori che si sono trovati a dover far fronte a quest’emergenza. Credo che la sola cosa saggia da fare, sia imparare da chi ha avuto la prontezza di spirito di gestire la situazione nella maniera migliore. Qual è, questa maniera migliore? Possiamo dividerla in due fasi.

 

FASE 1: LA GESTIONE DELL’EMERGENZA

Di fronte a un evento così grave e imprevisto, non ci sono piani e strategia che tengano (lo dice una che vive di piani e strategia di business). Si può solo cercare di usare al meglio ciò che si ha per tenere duro finché la tempesta non si placa. Purtroppo per questo non esiste un manuale o una formula valida sempre. La sola “best practice” è essere pronti a rimettere in discussione tutto, non rimanere attaccati alle cose e saper reinventare ciò che si ha e ciò che si fa alla luce delle nuove esigenze. I più pronti hanno ricalcolato rapidamente le risorse disponibili, i flussi di cassa, il Break Even Point dei mesi o addirittura delle singole settimane di lockdown e del periodo immediatamente successivo, hanno messo in stand-by gli accordi e gli investimenti, accantonato tutto il possibile e trovato un modo per non scoraggiarsi e continuare, comunque, a lavorare.

FASE 2: LA VISIONE DI UN NUOVO FUTURO

Il ruolo di un imprenditore non si limita alla gestione delle risorse. Gli imprenditori, anche quelli piccoli, sono dei leader: sono coloro a cui gli altri guardano, quelli su cui fanno affidamento. Mostrarsi saldi, fiduciosi e determinati, avere chiara la rotta da seguire e saperla mostrare agli altri, non sono solo doti auspicabili ma necessarie per chi guida un’impresa. Un imprenditore non può e non deve mai smettere di guardare al futuro, di immaginare come potrebbero cambiare le cose e di trovare il modo per andare incontro al cambiamento. Certo, non è facile guardare al futuro quando la terra ti trema sotto i piedi e le cose cambiano in maniera veloce e imprevedibile come è appena successo. Non ci sono punti di riferimento, non ci sono precedenti, non ci sono dati. Eppure è proprio in questi momenti che i veri imprenditori tirano fuori il meglio di sé.

Quando non puoi prevedere il futuro, immaginalo.

Queste due fasi ci dimostrano come, anche e soprattutto durante momenti complessi come la gestione di un’emergenza globale, la sola gestione operativa di un’impresa non basta. Occorre avere un piano, una strategia, per sapere come muoversi, come interpretare il cambiamento e soprattutto dove dirigersi. Una volta partiti, non si smette mai di essere imprenditori: non si smette mai di immaginare scenari possibili e desiderare di renderli realtà.

Con affetto,
Valeria Pindilli
Pocket Manager