Ricordo ancora il mio primo business plan come fosse ieri, anche se sono ormai passati 7 anni. Avevo accettato di seguire il progetto senza la minima idea di cosa ciò avrebbe potuto comportare, anzi, credendo che sarebbe stata “una cosa semplice” (me ingenua…) e invece si è trasformata subito in una delle imprese più ardue da avviare della mia vita. Ma andiamo con ordine…

 

Strane coincidenze…

 

Era l’estate del 2014, avevo appena finito il mio percorso di studi e iniziavo a guardare con occhi curiosi al mondo del lavoro. Durante l’estate mi scrisse Valentina, una ragazza che conoscevo perché faceva parte come me di un gruppo di amanti dei conigli (mondo piccolo!), dicendomi: “Ho visto che hai studiato economia e management, per caso sai dirmi cos’è un business plan?”

La storia di Valentina e del Bosco di Zucchero

Valentina aveva sempre lavorato come commessa o nella gestione di negozi locali, dunque non conosceva il magico mondo dei piani economici e delle proiezioni di business. Le risposi: “Certo! Come mai lo chiedi?”. Lei mi raccontò che era al momento in cassa integrazione, che faticava a trovare lavoro ma che aveva questo sogno nel cassetto di aprire un negozio tutto suo. Aveva già preso accordi con una banca che si era detta disponibile a farle un prestito per la fase di avviamento ma per formalità chiedeva un business plan, da allegare alla pratica.

Focus sul Business Plan

Il business plan è forse il documento più completo che si possa produrre per raccontare un’impresa, anche una che deve ancora essere avviata. In poche pagine vengono condensate l’idea di progetto, il modello di business, i piani produttivi e distributivi, le strategie di marketing e di branding, le strategie di gestione delle risorse e l’analisi economico-finanziaria, completa di proiezioni a 3 o a 5 anni. Il business plan viene generalmente richiesto da banche, potenziali soci e altri tipi di portatori di interesse per valutare la sostenibilità di un business nel tempo e decidere se investire o meno nell’attività. Ma, prima che a loro, questo documento serve agli imprenditori stessi per fare il punto della situazione e rendere il progetto sostenibile nel tempo.

 

Quale occasione migliore di questa per mettermi alla prova, pensai! Mi sentivo particolarmente ferrata nel planning e come primo lavoro questo mi sembrava particolarmente “sicuro”: dal momento che il documento serviva solo per formalità, non ci sarebbero stati problemi se non fosse stato perfetto… almeno così credevo. Le proposi di lavorarci insieme a fronte di un simbolico rimborso spese e di una piccola percentuale sui fondi ottenuti. Felice della proposta, Valentina accettò subito e dal giorno dopo iniziammo a lavorare al suo progetto!

Il mio primo Business Plan!

Che soddisfazione vedere come il modello di business cambiava e prendeva forma sotto le nostre mani. Valentina era arrivata col sogno di aprire un negozietto di bomboniere e caramelle in una cittadina in provincia di Bologna. Dopo due mesi, aveva in mano il progetto di un concept store a tema “dolcezza e fantasia”: il suo Bosco di Zucchero sarebbe diventato un angolo di mondo fatato, fatto di dolci che tutti avrebbero potuto assaporare e popolato di fate e draghi da collezione. Avevamo fatto i nostri calcoli e sapevamo che la gente avrebbe preso l’auto e sarebbe stata disposta a farsi anche un bel viaggio per andare a comprare da lei. Ci sentivamo carichissime!

 

Ricorda: i progetti di business non sono mai statici. È importante mettere bene a fuoco l’idea prima di iniziare ma bisogna anche essere pronti a metterla in discussione, a rifinirla e anche a rimodellarla se necessario, per adattarsi ai naturali cambiamenti del mercato. Un business plan, per essere efficace, deve basarsi su dati solidi, concreti e reali ma deve essere anche flessibile, prevedere diversi scenari possibili ed essere pensato per adattarsi ad ogni eventualità.

 

…ma un buon business plan non basta

 

Stavo giusto per mettere la firma al progetto quando ricevetti una telefonata da Valentina, in lacrime. Oddio, che è successo? “Valeee… ero così felice di come procedeva il lavoro che questa mattina sono passata in banca per avvisare che il business plan era quasi pronto. L’impiegata, entusiasta, mi ha fatto accomodare dicendomi che allora avremmo potuto iniziare a firmare qualche carta per portare avanti le pratiche. Ero al settimo cielo!

Poi però mi ha chiesto di mettere alcune firme e mi ha detto che sarebbe servita anche la firma di un garante. Ho chiesto cosa volesse dire. Mi ha detto che non mi possono certo dare il prestito se non posso coprire l’importo con un’ipoteca o con altre garanzie personali e che quindi serve la firma di qualcuno che garantisca per me il prestito. Ma Vale, io non conosco nessuno che possa aiutarmi e non ho quei soldi, altrimenti non ci sarei andata nemmeno in banca! Come posso fare? Mi sembra che tutto il bel lavoro fatto sia stato buttato al vento, non avrò mai il mio negozio così!”

Puntiamo tutto sul business plan

Valentina era disperata, lo sentivo e anche a me il cuore si era fatto piccolo piccolo. Sapevo che per lei quel negozio non era solo un capriccio ma che da esso dipendevano la sua serenità personale e la sua autonomia finanziaria. In uno slancio le dissi: “Dai Vale, non ti preoccupare… abbiamo in mano un progetto molto bello. Magari non saranno loro, ma vedrai che troveremo qualcuno disposto a finanziare il progetto!”. La convinsi e piano piano questo servì a calmarla e a farle ritrovare una flebile speranza ma c’era poco da stare allegri: un conto era dirlo, un altro sarebbe stato farlo!

Passammo dei mesi a bussare a ogni porta, provammo diverse strade, Valentina si presentò a molte banche della sua zona che non arrivarono nemmeno a leggere il progetto prima di chiudere la porta dicendo: “Spiacenti, senza garanzie personali non se ne parla”. Ci eravamo date sei mesi di tempo per ottenere quei fondi, dopo quattro passati senza alcuna risposta positiva Valentina era allo stremo e anche io iniziavo ad essere assalita dai dubbi. Ricordo ancora le telefonate accorate: “Vale, ce la faremo?” e “Meno male che ho la mia Pocket Manager vicino, non so come farei senza di te!”. Già… fu lei per la prima volta a chiamarmi così e ne feci una bandiera!

…e poi, magia!

 

D’improvviso, la svolta. Un giorno Valentina mi chiamò, entusiasta, potevo sentire la sua energia anche a migliaia di chilometri di distanza e la voce tremante non lasciava spazio a dubbi. “Vale, ce l’abbiamo fatta! C’è un piccolo ente della regione che ha letto il business plan: dice che il progetto è molto bello e vogliono finanziarlo senza bisogno di garanzie personali. Se andrà bene ripagherò il prestito, altrimenti si assumeranno il rischio di non rientrare!”. Fu quasi uno shock ma di quelli belli. A distanza di un mese Valentina aveva già in mano le chiavi del suo negozio e lo aveva rimesso a nuovo. La vidi per la prima volta all’inaugurazione, ci tenevo ad essere presente e a farle staccare il primo scontrino esattamente all’apertura! Conservo ancora con affetto il gufetto che acquistai e che mi accompagna nel lavoro da allora.

La fine della storia?

Dopo l’apertura io e Vale non ci sentimmo più così spesso come prima, ma rimanemmo in contatto e a distanza di un anno dall’apertura fu lei a chiamarmi. “Vale, io non potrò mai ringraziarti abbastanza. Il negozio sta andando alla grande, sto ripagando il prestito senza problemi e se tutto va bene a breve mi trasferirò in un negozio più grande!”.

Si conclude qui la mia storia con Valentina, non perché sia davvero finita così ma perché il seguito… è un’altra storia! L’avventura vissuta con questa prima cliente è stata fondamentale per me: mi ha resa consapevole di come funziona il mondo delle micro-imprese, mi ha permesso di capire l’importanza delle storie e delle persone che ci sono dietro le piccole attività e mi ha resa consapevole delle mie capacità e della strada che avrei potuto percorrere per cambiare in meglio la vita delle persone. Allora nacque la mia mission, gettai le basi del mio metodo senza nemmeno rendermene conto e soprattutto piantai dentro di me il seme di Pocket Manager.

 


Spero ti sia piaciuta questa storia e che ti sia stata utile per avere un punto di vista diverso sulle cose. Se ti fa piacere condividila pure e se hai delle osservazioni da fare a riguardo, parliamone. Sarei felice di ascoltare anche la tua storia e di scambiare idee per crescere nel business.

 

Con affetto,

Valeria Pindilli

Pocket Manager