Una delle difficoltà maggiori che ho avuto fino ad oggi coi miei clienti è stata quella di convincerli ad alzare i prezzi o a fissare da subito dei prezzi “alti” rispetto alla media di mercato, se necessario. Per qualcuno sembrerà assurdo, ma posso giurare che è così e lo dico avendo bene in mente le facce imbarazzate, restie e a volte impaurite dei miei clienti. Potrei stare qui delle ore a spiegare perché quei prezzi non fossero “troppo alti” ma in realtà giusti o come fare a calcolare il prezzo adatto di un prodotto o servizio, ma la verità è che a volte non è un problema di calcolo. La questione è che quando a stimare il valore di un prodotto o di un servizio è colui o colei che lo ha inventato o che lo eroga, non entra in gioco solo la mente ma anche il cuore… e il cuore a volte non è affatto d’accordo con la testa, nemmeno quando di tratta di business.

Adesso parlo con te, libero professionista, piccolo imprenditore, artista, artigiano o titolare di una piccola attività locale. Sì, parlo con te perché io e te ci capiamo. Inutile che io venga a spiegarti le più avanzate logiche di calcolo del prezzo, supportate da teorie di marketing e studi delle più note università. Tutto questo potrà anche essere interessante (e forse te ne parlerò anche, più avanti), ma non trova spazio dentro di te. Non servirebbe a nulla parlarne, quindi, non prima di aver chiarito almeno come e perché oggi stimi in un certo modo i tuoi prodotti/servizi e come invece dovresti fare se vuoi davvero fare un salto di livello dal punto di vista professionale.

1) Il tuo prodotto/servizio non sei tu

Il dramma interiore che vive un libero professionista quando deve assegnare un prezzo al proprio prodotto/servizio è molto simile a quello che vivrebbe un ragazzino trovandosi davanti a un prof che gli dice: “Bene, a adesso dai tu il voto al compito che hai appena svolto”. Ansia, panico, come si risponde a una domanda del genere? Come fa un professionista a dire agli altri quanto è bravo a fare il suo lavoro, a stimarlo in maniera così precisa da definirlo in un prezzo? Già, perché è così che si sentono in molti quando devono stimare il prezzo dei propri prodotti/servizi: si chiedono quanto siano effettivamente bravi a fare il proprio lavoro (magari confrontandosi coi colleghi), quanto i clienti li riterranno dei professionisti di valore e quanto saranno disposti a pagare. Peggio ancora: un ragazzino troverebbe forse la sfrontatezza di rispondere “10!” alla domanda del prof, ma quanti professionisti, soprattutto tra quelli umili, onesti e rispettosi, riuscirebbero con altrettanta spavalderia a chiedere il prezzo più alto per il proprio prodotto/servizio, se lo meritassero? Eppure il prezzo non è un voto scolastico, non misura la qualità di un bene e meno ancora la bravura di un professionista. A volte basta capire questo per iniziare a cambiare prospettiva…

2) “Quanto basta” spesso non è sufficiente

Non bastasse l’umiltà a convincere i professionisti a sottostimare i propri prodotti/servizi, ad essa si sommano un’infinità di ansie, limiti e paure legate spesso alla nostra cultura o alla nostra educazione che non permettono di crescere e a volte nemmeno di vedere le cose in maniera oggettiva. Ad esempio, siamo abituati a pensare che serva accontentarsi di ciò che si ha, che alla fine non serva davvero avere nulla più del necessario. La sola idea di guadagnare il doppio rispetto a quello che portiamo a casa ad oggi dovrebbe farci brillare gli occhi e invece la verità è che il più delle volte ci mette ansia! Mettiamo anche che sia vero (non lo è), che ci si debba accontentare del “minimo necessario”: quello che succede spesso è che nel calcolare questo “minimo necessario” la stragrande maggioranza dei liberi professionisti/piccoli imprenditori dimentichi di far rientrare nel computo dei costi una marea di spese che invece realmente sostengono. Ad esempio: quanti tengono conto in maniera precisa e aggiornata di tasse e contributi? Quanti monitorano non solo le spese principali ma anche le secondarie (tipo bollette, pulizie, cartoleria ecc.)?…e quanti hanno un piccolo fondo da parte per gestire eventuali emergenze o spese impreviste? Tutte queste cose che ho appena detto (e anche altre, in realtà), rappresentano quasi sempre delle voci di uscita per le imprese e, se non conteggiate, come è possibile andare a coprirle con le entrate? Il risultato, spesso, è un continuo correre dietro anche solo a tasse e contributi, arrancare ogni volta che si presenta una spesa imprevista e tutto sommato, se tutto va bene, arrivare a chiudere alla pari tra costi e entrate… ma quale sostenibilità c’è in tutto questo?

3) Il prezzo, unità di misura del valore

Abbiamo detto che il prezzo non è un voto… no, certo. Ma rimane comunque un’unità di misura, in questo caso del valore di un prodotto/servizio.

Nota 1: il prezzo è unità di misura del valore di un prodotto/servizio, non del professionista o dell’impresa che lo propone. Certo, le due cose sono strettamente legate ed è possibile che un prodotto/servizio di grande valore faccia crescere di conseguenza il valore del brand che lo propone. Ciò che non deve succedere è il contrario: non deve succedere che un professionista serio e preparato ma con qualche problema di autostima svaluti il proprio prodotto/servizio perché non è in grado di stimare correttamente il valore del proprio operato, così come non dovrebbe succedere che un brand considerato di alto livello venda a prezzi alti prodotti/servizi che di alta qualità non sono. Nel primo caso, un bravo professionista smetterebbe di lavorare e di produrre valore perché non avrebbe un ritorno commisurato ai suoi sforzi e alle sue qualità. Nel secondo caso qualsiasi brand perderebbe tutta la bella reputazione duramente guadagnata in un batter di ciglia, e sarebbe un peccato.

Nota 2: il valore, come la bellezza, non può essere misurato in maniera oggettiva, si tratta sempre di percezioni soggettive. Quindi quando si definisce un prezzo bisogna sempre essere consapevoli che quel prezzo non descriverà il valore di quel bene/servizio in termini assoluti ma solo per un dato pubblico di riferimento, in un certo luogo e un certo tempo. Al variare del luogo, del tempo e soprattutto del pubblico, lo stesso prodotto/servizio potrebbe assumere un valore drasticamente diverso da quello di origine, a prescindere dalle caratteristiche oggettive del prodotto/servizio in sé.

Nota 3: dunque, nel bene e nel male, l’idea di valore che ha l’imprenditore del suo prodotto/servizio oltre a non essere quasi mai oggettiva è, di fatto, pressoché irrilevante. Ciò che conta è il valore di quel bene/servizio per il pubblico che desidera acquistarlo: le caratteristiche del prodotto/servizio (soprattutto in relazione a quelle dei concorrenti), i costi che comporta l’attività di produzione e messa in vendita, le esigenze a cui risponde e soprattutto il valore percepito da chi poi andrà ad acquistare.

Sono perfettamente consapevole che questi primi spunti di riflessione, per quanto per qualcuno possano risultare molto densi, siano in realtà solo la cima dell’iceberg. L’intenzione dietro questo post non è certamente quella di esaurire un argomento così ampio in poche righe, semmai di iniziare a rompere un “vaso di Pandora” che è rimasto sepolto e blindato secondo me per molto, troppo tempo. Perché farlo? Perché è vero che questo farebbe saltare fuori dal cassetto un mucchio di demoni che in genere preferiamo ignorare, ma è anche vero che il solo modo per crescere e migliorare sé stessi (anche imprenditorialmente parlando) è prendere consapevolezza delle cose. Sono certa che, anche se il primo impatto sarà doloroso e magari spaventoso o scoraggiante, in fondo al vaso, come Pandora, troveremo anche la speranza che era rimasta rinchiusa lì in fondo, insieme ai demoni e alle paure.

Un’ultima cosa prima di salutarti: so bene quanta paura possa fare tutto questo perché ci sono passata in prima persona e so anche che superare la paura e provarci a volte non basta se poi non si hanno gli strumenti per mettere in ordine le idee e farne dei piani bene organizzati per dare davvero alla speranza il potere di risollevare le cose. Non sentirti solo, quindi. Come te, tanti altri che stanno leggendo, compresa me che scrivo, si sentono o si sono sentiti almeno una volta così, e se vorrai parlarne, sia io che tutti i piccoli imprenditori del gruppo Pocket Business siamo pronti a supportarti!

Con affetto,
Valeria Pindilli
Pocket Manager